martedì 1 maggio 2012

OMPHALOS



Da che mondo è mondo, l'individuo umano ha avuto (quando non aveva problemi più urgenti di cui occuparsi!) ansietà di insicurezza di sé, generate dal desiderio d'essere accettato, stimato, amato, all'interno del consorzio sociale in cui viveva.
Per loro natura, tali inquietudini sono da sempre appartenute di diritto all'adolescenza in quanto espressione di una personalità in formazione. Un tempo esistevano perciò veri e propri riti di passaggio all'età adulta (via via sempre più simbolici e largamente metaforizzati in letteratura) che sancivano l'ingresso a quell'età della vita che nell'aprire la porta contemporaneamente a diritti e doveri, stabiliva automaticamente ruoli e responsabilità, conferendo con ciò, insieme a una collocazione della propria vita nel tempo, anche il proprio posto nel
mondo.
E di fatto, nel vero senso della parola, spazzando via -almeno a livello di vita sociale (...)- qualsiasi incertezza residua dell'età adolescenziale.

Oggi, spariti ormai del tutto i riti di iniziazione alla vita e sperduti anche gli stampi letterari o ormai frammentati in molteplici possibilità interpretative, l'adolescenza sembra essersi prolungata all'infinito...e così i suoi sintomi di insicurezza e confusione.
E il modo di reagirvi è spesso quello altrettanto tipico dell'adolescenza: l'arroganza (nel senso etimologico del termine di  "pretendere ad ogni costo per sé stima e riconoscimenti, in forma di diritti dovuti al di là dei meriti").
Così nella nostra epoca capita, per esempio, di veder convivere affiancati, culto dell'individuo ed espressione del medesimo nel sociale (da leggersi: social-net), e di assistere al proliferare nel web a mo' di decalogo del "saper vivere" (da non confondersi con 'desueti' consigli di "buona educazione"...), considerazioni atte a difendere il nostro fragile 'io' dagli impatti con ...tutti quelli che non ne comprendono "il vero valore"...

Non ci limitiamo a guardarci l'ombelico: ci sentiamo l'ombelico del mondo: l'OMPHALOS!

Sarà, quello di vivere un'eterna adolescenza (incentrata su di noi e sui nostri problemi) un modo di sfuggire al tempo (...individuale...ma anche storico nei suoi effetti)?
O non si rischia piuttosto di eludere la vita nello sfuggire alla sua espressione adulta, dove maturità vuole che si abbia coscienza che ai diritti corrispondono doveri, che i sentimenti si fondano sulla reciprocità e ...che siamo tutti cellule di un medesimo organismo?
E nell'escludere la dialettica con chi per qualsiasi motivo  urta contro il "giusto" -alto- concetto che "dobbiamo" avere di noi, non dimostreremo invece tutta la nostra (adolescenziale) paura di confrontarci con gli altri...finendo per snaturare rapporti umani fondamentali come l'amore, l'amicizia, la solidarietà...che da sempre si sono fondati sul dialogo e nutriti di scambio paritetico? 

Ai tempi dell'università, quando sostenni l'esame di Psicologia dell'età evolutiva, mi colpì una frase: "Tutti riescono a morire, ma non tutti riescono a nascere".
Forse per riuscire a nascere dovremmo imparare a tagliare il  nostro cordone ombelicale con l'OMPHALOS...






9 commenti:

  1. E' un bel pezzo complesso che m'induce a misurarmi con il tuo pensiero e con me stessa. Sono d'accordo con te su molte idee, ma vorrei soffermarmi sulle differenze tra adolescenza ed età "matura" (peer così dire). Penso che tu abbia ragione sulla responsabilità e sulla lucidità che dovrebbero esere acquisite in virtù delle esperienze e della loro elaborazione. Ma forse così non è sul piano emotivo: non c'è età che tenga quando si tratta delle nostre insicurezze e del bisogno di essere accettati, stimati, amati. E' possibile addirittura che l'età ci renda più fragili. ... continua ... appena possibile.

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  2. La psicologia evolutiva dovrebbe formare oggetto di studio nelle scuole!
    Bisognerebbe insegnare ai ragazzi come maturare, invece di puramente competere su traguardi esteriori, programmandoli al fallimento!

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  3. post complesso! provo.. non vorrei scrivere idiozie..:)
    Che ci sia un'insicurezza di fondo crescente è un dato di fatto, mi verrebbe da dire forse PIU' negli adulti che non negli adolescenti, che secondo me trovano le loro sicurezze o nel "gruppo", quello reale (compagni di scuola coalizzati contro i prof, amici con cui andare in discoteca, allo stadio, ecc.) sia virtuale, i social networks. Gli adulti della società moderna, caduti i modelli del maschio-che-porta-lo-stipendio-a-casa e la madre una volta casalinga e ora spesso lavoratrice e spesso frustrata per far combaciare orari, figli, casa ecc., l'uomo- maschio e la donna un po' coquette di alcuni decenni fa, i figli che dovevano semplicemente obbedire e punto, ora i divertimenti alla portata di ragazzini sempre più giovani e gli adulti che non sanno più dire no, insegnanti altrimenti bravi ora un po' demotivati dalle difficoltà, i modelli televisi idioti etc. insomma una serie di cambiamenti avvenuti troppo in fretta che non hanno lasciato il tempo di riflettere su quello che stavamo diventando.
    Riuscire a ragionare insieme sul chi siamo e sul cosa potremmo essere o non essere mi pare fondamentale! ciao :)

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  4. si, argomento complesso.
    al di là di una generica condivisione non riesco ad andare, non ho ricette da discutere e le constatazioni possibili sono già state ben espresse da te e dalle commentatrici.
    un 'osservazione soltanto ... ragionare, elaborare, crescere più che nascere, sono cose faticosissime ed alquanto frustranti: io stessa non amo le frustrazioni e, se possibile, le evito col rischio di apparire infantile in età decisamente avanzata!
    non ho figli, sono rispettosa dei diritti altrui, il mio guardarmi l'ombelico non danneggia nessuno ... non ho la presunzione di sentirmi al centro dell'universo, almeno dell'universo altrui e forse questo è argomento "fuori tema".
    ma credo che anche desiderare di non crescere sia un diritto e che, se esercitato nei limiti della propria esistenza senza danni collaterali, sia degno se non di stima almeno di tolleranza

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  5. Mi preoccupa, come cosa che non so spiegare ma che è segno del non voler crescere, quell'indolenza di comportamento che blocca i nostri modi di fare ed essere, molto prima che si arrivi al confronto ed allo scambio, sia esso amicale, amoroso, o di altro genere. C'è paura di un significato che sfugge, nel momento in cui qualcuno ci dimostra la disponibilità al dialogo. Il bambino VUOLE e così tanti adulti spaventati. Ti abbraccio, Leira.Post interessante.

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  6. Ciao cara amica, solo ora ti riconosco!!! Ti abbraccio e condivido le tue parole! Il tuo template è molto bello!

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  7. E' che abbiamo meno cartelli stradali; si sono sfarinate via via le figure di indirizzo,il professore, il nonno, il sacerdote,l'amico grande.
    E' come imparare a camminare senza nessuno che ti tiene per le dande. E' più duro. Ma alla fine il giovanetto impara e comincia a vivere la vita sua. Ho sempre pensato che nessuno possa insegnare l'arte di vivere, ognuno deve inventarsi il suo. Poi, quando l'hai inventato, lo deve cambiare e modificare e adattare, per sempre. Però, però, l'essenziale della ruota è il mozzo, che per l'appunto non gira.Chi ha orecchie per intendere...

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  8. Chiedo scusa a tutti quelli che hanno qui gentilmente commentato per non avere continuato il dialogo con loro. Se e quando la grande energia cosmica mi concederà qualche spruzzatina, lo farò, anche se in ritardo (tanto è merce che non scade).

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